Alopecia Androgenetica Femminile: tipologie, cause, effetti e rimedi

Scritto da  Dr. Vincenzo Masullo  | Ultimo aggiornamento il 28 Maggio 2024

L’alopecia androgenetica nelle donne, è risaputo, ha effetti maggiori a livello psicologico rispetto a quelle maschili. Le donne sono maggiormente attente al proprio aspetto esteriore ed un evidente diradamento capillare potrebbe portare con se conseguenze pesanti sul versante psicologico e sociale della persona. Una donna che subisce infatti, una perdita consistente di capelli, è impossibilitata a tagliare drasticamente la capigliatura o a mascherarne il diradamento, questo provoca disagio con se stessa e nelle proprie relazioni sociali.

L’inestetismo diventa quindi per la donna un vero e proprio problema da risolvere tempestivamente: in questi casi l’esperto che prenderà in carico il problema dovrà quindi, si tener conto delle soluzioni più adeguate per risolvere al meglio il problema, ma anche mostrare una spiccata sensibilità rispetto all’aspetto psicologico della questione.

Alopecia androgenetica Femminile: le forme più comuni

L’alopecia androgenetica femminile può essere causata da diversi fattori, a ciascuno di essi corrispondono ovviamente diverse forme di alopecia che sono classificate in cicatriziali e non cicatriziali, ovvero, irreversibili e reversibili.

Le forme di alopecia che piu spesso vengono riscontrate sono di tipo non cicatriziali, cioè di tipo temporaneo e reversibile; in questi casi non c’è atrofizzazione definitiva dei follicoli piliferi, i quali una volta stimolati riescono a riprendere la fase di crescita. Possono essere causate da vari fattori: genetici ed ormonali, fisico-chimici, nutrizionali-metabolici, infettivi.

Tra gli esempi più comuni di alopecia androgenetica femminile di tipo non cicatriziale annoveriamo:

  • Alopecia causata da stress. Spesso si presenta sottoforma di dermatite seborroica, psoriasi o seborrea.
  • Effuvium Telogen. Una massiccia perdita di capelli causata quasi sempre da traumi fisici e/o emotivi, della durata di circa un paio di mesi.
  • Alopecia Areata. In questo caso parliamo di una malattia autoimmune, dove i globuli bianchi attaccano i follicoli piliferi, invece di difenderli, provocando una cospicua perdita di capelli a chiazze.
  • Alopecie causate da disordini nervosi o circolatori o alimentari, scompensi vitaminici o disfunzioni ormonali.

Tra le forme di calvizie femminile di tipo cicatriziale, ovvero non reversibile (in questi casi la non reversibilità della calvizie porta ad un’atrofizzazione del tessuto circostante il follicolo, il quale muore senza possibilità di riscrescita) annoveriamo:

  • Alopecia seborroica
  • Alopecia pityrianica
  • Alopecia da tricotillomania (tendenza a grattarsi o tirare i capelli)
  • Alopecia cicatriziale secondaria, causata da lupus eritematoso (malattia autoimmune che colpisce le donne 10 volte più degli uomini e che danneggia la cute e i follicoli piliferi)
  • Defluvium anagen (i capelli cadono pur essendo ancora in fase anagen e quindi ancora non completamente sviluppati)
  • Alopecia da radiazioni
  • Alopecia senile (caratteristica dell’invecchiamento)

Alopecia Androgenetica Femminile: la causa più frequente

In generale, la causa più frequente di perdita di capelli è sicuramente la cosiddetta alopecia androgenetica. Le più aggiornate statistiche indicano infatti che circa il 50% della popolazione maschile intorno ai 40 anni ne affetta ma a poco a poco anche le percentuali inerenti la popolazione femminile aumentano sempre più: ad oggi circa il 30% delle donne ne è affetta.

E’ detta “androgenetica” per via degli ormoni androgeni, caratteristici del sesso maschile e prodotti principalmente dalle ghiandole surrenaliche e dai testicoli, ma allo stesso tempo presenti, seppure in minore quantità, anche nelle cellule ovariche delle femmine. Nelle donne, gli ormoni androgeni rappresentano il punto di partenza per la produzione degli estrogeni, ormoni femminili parallelamente caratterizzanti e sono responsabili della sessualità. In pratica, il testosterone (responsabile anche dell’impulso sessuale femminile) dopo essere stato sintetizzato nelle ovaie, nelle ghiandole del surrene e nel tessuto adiposo, si lega a particolari proteine plasmatiche (SHBG, sex hormon binding protein) e, grazie a questo legame, attraversa il circolo sanguigno per raggiungere i vari organi bersaglio.

Il testosterone che invece non si lega alle suddette proteine e resta quindi libero (1% nella donna), ha la possibilità di migrare verso vari distretti dell’organismo, per svolgere diverse ma specifiche funzioni e, in tali tessuti, esso può subire due diverse trasformazioni: l’enzima 5-alfa reduttasi, presente ad alta concentrazione in cute, (quindi sui follicoli), fegato e sistema nervoso centrale ad esempio, può convertire il testosterone in diidrotestosterone (DHT), ormone ancora più potente e vero responsabile del processo involutivo del capello; l’enzima aromatasi invece, può trasformarlo in estrogeni, ormoni caratterizzanti femminili, che favoriscono invece il giusto stato di salute dei capelli.

Per cui, mentre gli estrogeni femminili danno un segnale proliferativo positivo ai follicoli piliferi, il DHT provoca l’assottigliamento del capello, che diventa sempre più fragile e sottile finché non si atrofizza totalmente e infine cade, provocando quindi un progressivo diradamento.

Come è intuibile dal nome (androgenetica), la presenza degli ormoni androgeni è una condizione necessaria affinché si verifichi l’alopecia androgenetica femminile, ma deve essere presente anche una particolare sensibilità dei follicoli piliferi all’azione di questi ormoni: alcuni capelli, infatti, nascono già geneticamente predisposti ad accusare lo stimolo miniaturizzante degli androgeni, e ad assottigliarsi fino a cadere. Inoltre, sembra che soggetti femminili affetti da iperandrogenismo, abbiano più probabilità di essere colpiti dall’alopecia androgenetica.

L’iperandrogenismo indica una presenza eccessiva di ormoni androgeni o una particolare sensibilità dei relativi recettori, e spesso è causato dalla cosiddetta sindrome dell’ovaio policistico (PCOS): nelle donne che accusano tale patologia, è presente una quantità maggiore di androgeni nel sangue, il che provoca cicli anovulari, cioè senza ovulazione, varie alterazioni mestruali e spesso sovrappeso.

Spesso l’iperandrogenismo ha manifestazioni anche più visibili, a partire quindi dalla pelle:

  • Ipertricosi: aumento dei peli sessuali e della peluria tipica di alcune zone del corpo
  • Irsutismo: presenza di peli in zone anomale (tenendo presente ovviamente i fattori genetici sia individuali che razziali)
  • Virilizzazione: mascolinizzazione, acquisizioni di caratteri sessuali secondari maschili (ipertricosi, irsutismo, aumento massa muscolare, variazione del timbro della voce, disturbi del ciclo sessuale, nonché alopecia androgenetica)
  • Seborrea e acne: una produzione eccessiva di androgeni stimola altrettanto eccessivamente le ghiandole sebacce, infiammandole e spingendole a produrre sebo in eccesso, causa primaria dell’acne.

Anche altre cause, però, possono scatenare l’alopecia androgenetica femminile; parliamo sempre di cambiamenti ormonali che si verificano in diverse circostanze nella vita di una donna, come ad esempio il parto, il menarca, la menopausa, l’uso e il disuso di pillole contraccettive o disfunzioni ormonali, come ad esempio l’ipo e l’iper-tiroidismo. Durante la menopausa, ad esempio, si ha un calo nella produzione di ormoni femminili, il che comporta un relativo aumento della concentrazione di ormoni maschili circolanti.

Effetti dell’Alopecia Androgenetica sulle donne

L’alopecia androgenetica femminile generalmente è un fenomeno che progredisce piuttosto lentamente in cui si inverte gradualmente l’originaria relazione tra le fasi del ciclo di crescita del capello: il rapporto anagen – telogen (anagen=crescita, catagen=regressione, telogen=caduta) diminuisce sempre di più fino a ribaltarsi favorendo, quindi, la fase di caduta del capello.

L’alopecia androgenetica femminile provoca il cosiddetto defluvio in telogen: si tratta di una caduta di capelli che si trovano ovviamente in fase telogen, ma che presentano una fase anagen più breve rispetto al normale, aspetto evidente anche dalla conformazione degli stessi follicoli che cadono: essi appaiono di dimensioni inferiori rispetto alla norma, sia nello spessore che nella lunghezza, e inoltre la loro posizione nel derma è molto più superficiale del solito. Tali caratteristiche suggeriscono l’idea che si tratti di capelli in una fase involutiva, la quale viene causata dall’accelerazione del ritmo di divisione delle cellule che sintetizzano la matrice del pelo: esse, non riuscendo a differenziarsi completamente, provocano la crescita del cosiddetto pelo “vellus”, un pelo più piccolo e sottile rispetto al normale, inoltre scarsamente pigmentato, più simile alla peluria che al capello, praticamente prossimo all’atrofizzazione.

Spesso il defluvium è causato da fenomeni dettati dallo stress (super-lavoro, eccessive responsabilità, malattie debilitanti, ansia, depressione), da disfunzioni tiroidee o da regimi alimentari scorretti.

Trattamenti (chirurgici e non)

Per risolvere al meglio il problema, soprattutto nelle donne, ed ottenere i risultati migliori con le soluzioni più appropriate, è fondamentale per il tricologo o per il chirurgo, capire prima di tutto quale sia la forma di alopecia che attanaglia la paziente.

Abbiamo già discusso della componente psicologica e di quanto sia ancora più delicata la questione in ambito femminile: proprio per questo motivo prima di assegnare terapie pseudo-risolutive è bene fare tutti gli esami del caso. Ad ogni modo, il punto di partenza per valutare il tipo di alopecia in corso, è rappresentato dal tricogramma, un semplice esame al microscopio che permette di constatare in che stato si trovano i follicoli della zona interessata, in quale fase del ciclo di crescita sono e se sono presenti peli distrofici. I risultati, confrontati coi parametri standard, e accostati al quadro clinico completo del/la paziente, permettono di ricavare una diagnosi ben precisa.

La maggior parte dei trattamenti non chirurgici, esistenti contro ogni forma di alopecia, consiste in trattamenti topici oppure in terapie farmacologiche sistemiche, particolarmente utilizzati dalle donne, che mirano a rallentare l’ulteriore caduta di capelli o a favorirne la ricrescita. Ovviamente va precisato che tali trattamenti possono funzionare esclusivamente nei casi in cui i follicoli siano ancora attivi o almeno non del tutto atrofizzati e, quindi, non in presenza di alopecia cicatriziali.

Per la maggior parte dei casi osservati, i risultati dei test confermano che la causa principale del diradamento sia l’alopecia androgenetica.

Innanzitutto, per capire se si tratti realmente di alopecia androgenetica femminile, devono essere escluse tutte le altre possibili cause, come ad esempio problemi medici, disfunzioni ormonali (il primo organo femminile da controllare è la tiroide!) o uso di farmaci con determinati effetti collaterali; in seguito va valutata l’anamnesi della paziente per stabilire se ci sia ereditarietà o meno. Nel caso si confermi la diagnosi, i rimedi per ridurre o almeno tamponare la calvizie sono pressoché gli stessi sia per gli uomini che per le donne, anche se alcuni di essi sembrano agire a favore di queste ultime.

Molte volte le terapie femminili per combattere l’alopecia androgenetica vedono l’utilizzo di farmaci antiandrogeni, i quali competendo con i recettori degli ormoni androgeni, ne provocano l’inibizione in modo da prevenirne anche i negativi effetti biologici. Spesso infatti, tali sostanze vengono adoperate anche nei casi del già menzionato iperandrogenismo, ricollegabile alla sindrome dell’ovaio policistico (PCOS).

Tra i più efficaci antiandrogeni per il trattamento non chirurgico dell’alopecia androgenetica femminile troviamo:

  • Gli estrogeni: abbassano i livelli di testosterone libero nel circolo sanguigno
  • Il ciproterone acetato: bloccando i recettori inibisce l’attività del testosterone e del DHT
  • La melatonina: utilizzata sia come antiandrogeno che topicamente, in quanto sembra dimostrata la sua efficacia nell’aumentare il numero di capelli in fase anageni
  • Lo spironolattone: si lega ai recettori del DHT riducendo la concentrazione di quest’ultimo anche del 50%. È fortemente femminilizzante, pertanto utilizzabile esclusivamente dalle donne.

Discorso a parte per la finasteride, ad uso esclusivamente maschile in quanto nelle donne provocherebbe gravi malformazioni ad un eventuale feto.

Per quanto riguara i rimedi chirurgici vi rimandiamo all’articolo riguardante il Trapianto Capelli Donna con tecnica FUE.

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