L’importanza della zona donatrice nel trapianto capelli FUE
Da quale zona vengono prelevati i capelli e in base a cosa viene scelta?
Il primo obiettivo di una visita tricologica mirata a confermare la fattibilità di un eventuale autotrapianto di bulbi è valutare la densità dei capelli presenti nell’ipotetica area donatrice o donor (generalmente zona occipitale – nuca – o zona parietale laterale); se essa non è soddisfacente, il trapianto non può essere eseguito poiché manca il serbatoio autologo da cui attingere.
In alternativa, si possono valutare altre zone del corpo come la barba, il petto o la zona pubica da dove poter prelevare i bulbi che verranno poi impiantati nella zona ricevente (zona diradata dove i capelli mancano). In questo caso, se la qualità del pelo lo consente, si parla di Body Hair Transplant (BHT), e il prelievo viene detto ectopico, in quanto avviene in una sede esterna (da “ecto”) a quella abituale.
L’eventuale diversa natura del bulbo non rappresenta alcun problema durante l’autotrapianto: il pelo prelevato dal petto, ad esempio, e impiantato nel cuoio capelluto (evitando chiaramente il frontale dove invece necessitiamo di unità più raffinate), man mano assumerà sembianze sempre più simili a quelle di un vero e proprio capello, modificherà i propri ritmi di crescita e si confonderà facilmente con esso.
Il limite, piuttosto, è rappresentato dalla resa numerica dell’eventuale estrazione ectopica: qualsiasi sede diversa dalla nuca non possiede una concentrazione così alta di follicoli; pertanto, risulta difficile raggiungere le cifre di un prelievo tradizionale.
Perché i capelli vengono prelevati da specifiche zone e non da altre?
L’alopecia androgenetica è una sindrome ereditaria che provoca la caduta dei capelli a causa dell’eccessiva sensibilità dei follicoli al Diidrotestosterone o DHT (ormone derivato dal testosterone, prodotto nella prostata e nei testicoli). Nonostante la Calvizie colpisca maggiormente gli uomini (fino all’80% della popolazione mondiale), anche le donne purtroppo ne sono fortemente affette (almeno un 40%), ma una buona notizia c’è: nell’intera area donor la crescita dei capelli non viene in alcun modo influenzata dal testosterone: i capelli situati sulla nuca non possiedono il recettore a cui il DHT si lega per esplicare la sua funzione negativa, e quindi quella zona non viene mai compromessa dalla perdita tipica della parte alta del cuoio capelluto.
Tecnicamente in che cosa consiste il prelievo delle unità follicolari e quali possono essere i vantaggi del metodo FUE rispetto ad altri?
Il prelievo dei bulbi piliferi avviene con un apposito strumento chiamato punch, di diametro tra i 0,6 mm e i 0,9 mm, che consente di effettuare delle microincisioni circolari intorno alle unità follicolari poi estratte con apposite pinzette microchirurgiche. Il diametro del punch viene scelto in base alle caratteristiche anatomiche e fisiologiche della cute dello specifico paziente; l’intera procedura viene svolta in anestesia locale, quindi risulta totalmente indolore. La limitata dimensione del bisturi consente un’immediata cicatrizzazione dell’incisione estrattiva, per invaginazione, il che permette un recupero immediato sia anatomico che estetico.
Oggi si parla addirittura di MICROFUE, una specializzazione della tecnica FUE, che lavora sulla papilla dermica del follicolo e permette una ricrescita parziale dei bulbi estratti. La tecnica, perciò, non risulta assolutamente invasiva ma, anzi, fortemente conservativa: grazie ai recenti sviluppi tecnologici e all’esperienza degli operatori è possibile prelevare grafts perfettamente integre (siano esse ricce o lisce) e pronte per l’innesto, con percentuali di scarto irrilevanti, in modo da assicurare un attecchimento ottimale nella zona ricevente.
Il prelievo dei bulbi con tecnica FUE/MICROFUE è molto efficiente in termini numerici (anche rispetto alla precedente metodica FUT), in quanto ci si concentra sull’intera zona androgeno-indipendente, ossia l’area occipitale/parietale: le nostre mega sessioni – effettuate in due giornate consecutive di sala operatoria – ci consentono di prelevare fino a 6000 innesti (circa 12000/13000 capelli) e di ricostruire così foltezze importanti su aree abbastanza diffuse. Il tutto, chiaramente, senza danneggiare in alcun modo l’equilibrio dell’area donor: svuotare la zona posteriore per infoltire un’altra, infatti, non avrebbe senso, ma per fortuna l’innovazione e l’esperienza ci permettono di effettuare lavori degni di nota, con quantitativi massimali e danni o segni permanenti azzerati.
Va specificato che la nuca possiede una percentuale altissima di capelli rispetto al resto della testa, e che molti di essi non vengono neanche sfiorati dal trapianto, continuando a crescere indisturbati e mantenendo così un equilibrio costante.
L’utilizzo di delicatissimi punch permette di non lasciare cicatrici evidenti come quelle che si possono avere con altre tecniche di estrazione (per esempio la FUT, dove invece è prevista una sutura chirurgica in zona donatrice e di conseguenza un’antiestetica cicatrice permanente).
Come gestire il post-operatorio e quali sono i tempi di guarigione?
Subito dopo l’intervento, l’area donor risulta leggermente arrossata e gonfia, ma niente paura perché questa infiammazione è un effetto assolutamente previsto, dovuto all’anestetico iniettato e allo stress tissutale provocato dal punch. Già qualche ora dopo l’intervento, infatti, sia il gonfiore che il rossore si dissolvono gradualmente; ovviamente ai pazienti viene prescritto l’antibiotico per prevenire qualsiasi tipo di infezione e, se necessario, del paracetamolo (Tachipirina) per tamponare un leggero fastidio nelle ore successive all’intervento.
Nell’arco di 48-72 ore dopo il trapianto, la zona donatrice può considerarsi in ripresa: i costanti lavaggi previsti e l’utilizzo di creme cicatrizzanti e disinfettanti garantiscono una guarigione velocissima.
Per ridurre il processo di cicatrizzazione, infatti, si utilizzano delle pomate a base di acido ialuronico – in grado di stimolare la formazione di collagene e tessuto connettivo e di aumentare l’elasticità dei tessuti – e altri principi attivi come sale sodico e sulfadiazina argentica, in grado di contrastare l’insorgere di infezioni. L’unica regola da seguire in questo momento è proteggere la zona trattata da polvere, esposizione diretta al sole, sostanze chimiche, irritazioni meccaniche (ad esempio l’utilizzo di un rasoio).
I capelli ricresceranno nell’area donatrice oppure ci saranno degli spazi vuoti visibili?
La ricrescita dei capelli nell’area donatrice dipende sicuramente dalla bravura del chirurgo e dall’efficacia dell’intervento; di certo, l’utilizzo di apparecchi medici tecnologici all’avanguardia riduce al minimo il rischio di insuccesso. Affinché il risultato appaia omogeneo e il più naturale possibile è molto importante che le unità follicolari vengano prelevate con la giusta distanza le une dalle altre, senza svuotare aree particolarmente redditizie, ma attingendo da tutta la superficie a disposizione.
Abbiamo già accennato alla parziale ricrescita dei bulbi estratti grazie alla tecnica MicroFue, e questo ci riporta sempre al fulcro centrale del discorso: per sottoporsi ad un delicato intervento di microchirurgia come questo è assolutamente necessario affidarsi a un chirurgo e a uno staff competente ed estremamente esperto, per evitare spiacevoli sorprese al momento del risultato.